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Con questo saggio dedicato ad alcuni celebri artisti deportati nei Lager nazisti e ad altri contemporanei - definiti empatici - Salvatore Trapani instrada la memoria della Shoah lungo nuove vie, che permettono al lettore di abbracciare un più ampio orizzonte analitico. Non si tratta del solo percorso artistico, di chi ha visto con i propri occhi le atrocità compiute dal nazifascismo, né di pure impressioni emotive scaturite dall'impatto con la Storia. Si tratta di un discorso più profondo, che dalle Avanguardie artistiche del Novecento, passate per l'Olocausto, è arrivato a straordinarie sensibilità dell'arte contemporanea in un percorso frastagliato, ma in perfetta continuità, senza cesure tra il prima e il dopo Auschwitz. Queste esperienze artistiche allargano la percezione consolidata del racconto sulla Shoah a nuovi canali comunicativi: dopo la letteratura, il cinema e la documentaristica, anche le arti visive si attestano come strumento narrativo della memoria. Con il vantaggio di un occhio critico rivolto anche e soprattutto al presente, come fece, agli inizi del Novecento, l'Espressionismo che sancì la fine dell'arte come puro diletto, per cucirla alla vita.